venerdì 27 marzo 2009

Rust never sleeps

Sentire le cose che la barca ti dice è qualcosa che succede quando quando si cerca, si ascolta, e un momento inizia una conversazione,una sintonia, è un vero scambio, un dare e ricevere con la propria barca. In una simile modalità bisognerebbe potersi mettere anche con se stessi. Ascoltarsi e cercare un’armonia tra la mente e il corpo è un fattore fondamentale per affrontare la vita in mare e “en course” al meglio. Il training che abbiamo fatto sul sonno con la Dott.ssa Béatrice Nogues neurofisiologa all’opedale di Nantes che ha seguito generazioni intere di navigatori solitari passa proprio da questo principio. Privarsi del sonno per dei lunghi periodi puo essere pericoloso perchè ci si addormenta senza accorgersene. Non sono pochi i navigatori che dicono di aver visto cose inesistenti, salire in barca Monica Bellucci (io Johnny Depp non l’ho visto mai), o pensare di mettere il piede oltre la falchetta in pieno oceano con il pensiero di uscire a prendere il pane. Le allucinazioni sono tentativi che il corpo fa per addormentarsi, quando ci si rifiuta di dormire. Si crea allora una distorsione della realtà che è un preludio alla perdita di vigilanza. Capisco bene l’esperienza di Oliver Bond che all’ultima edizione delle Sables è andato a scogli appena prima dell’arrivo e ha raccontato “J’avais décidé de me reposer un peu avant de finir et je ne me suis pas réveillé à temps : mon bateau s’est mis sur les roches des Barges”, se vi ricordate i tracking dell’ultima transat piu di uno ha sbagliato isola all’arrivo della prima tappa pensando di essere a Funchal. Il primo strumento per gestire le proprie fasi di sonno è capire quali sono le “porte del sonno” cioè i momenti propizi all’inizio del sonno lento profondo e al sonno paradossale che sono le due fasi di sonno che rispettivamente permettono il recupero della condizione fisica e di quella mentale della capacità decisionale. Queste fasi durano solo pochi minuti, ricercandoli in modo mirato si puo riposare per un periodo di tempo limitato, recuperando. I migliori risultati si ottengono concatenando dei “naps” tra 15 e 20 minuti, per una durata complessiva di circa 4 ore e mezza nelle 24 ore (i figarisiti arrivano a 2 ore e mezza, con naps di 10’!). Nella vita a terra le fasi di sonno lento profondo e sonno paradossale si innescano dopo un certo tempo dall’addormentamento perchè questa fase è preceduta da fasi di sonno leggero che non sono propriamente le fasi recuperatrici . Secondo la Dott.ssa Nogues per bruciare quindi questa tappa bisogna mettersi prima in condizione di privazione di sonno, per circa 48 ore. Il corpo si abitua a un nuovo ritmo nel quale il navigatore ascoltando i segnali del proprio corpo deve individuare i momenti in cui ha piu bisogno di dormire cominciando quindi le fasi di riposo di 20 minuti dove si addormenta rapidamente per potersi poi risvegliare in forma. Va bene, proviamo. Intanto gambe e borsa in spalla, domani mattina training meteo con Monsieur J-Y. Bernot. E non è detto che durante il viaggio per andare fino li e tornare io non riesca a mettere in pratica i miei appunti con i naps della Dott.ssa Nogues.

martedì 17 marzo 2009

Terminal

Ieri abbiamo fatto l’ultimo dei nostri inshore trainings, e una formazione sul sonno molto interessante. Peccato che ho gia fatto la qualifica perché a quelli che invece non l’hanno ancora fatta verranno dati degli actigrafi per ottimizzare in modo personalizzato le proprie fasi di sonno. Forse era ancora possibile tentare di farlo al Mini Pavois ma ogni tanto devo anche andare in ufficio a lavorare, sic. Intanto nel loft di Xvoiles si stanno producendo le mie nuove vele che non vedo l’ora di mettere su. La prossima volta invece, la prima tranche di training meteo di lusso con Jean-Yves Bernot, ho sempre dietro la sua bibbia “Meteo e strategia” e intanto faccio i compiti come a scuola. E poi cominciamo i trainings offshore. Tutto quanto questo programma è veramente ben organizzato, anche se per fare le cose al meglio bisognerebbe stabilirsi li, uscire, fare i lavori sulla barca, annotare, segnare, provare… Invece è tutto incastrato in un planning ad alta velocità, TGV, aereo, ufficio, vai, torna, a volte non ho nemmeno disfatto la borsa dal giro precedente che è già ora di ripartire…. E cosi ho davanti a me il grande tabellone delle partenze del terminal 2D di Roissy, e mentre vedo scorrere tutte le destinazioni, Atene, New York, Sao Paulo, Roma, Caracas, penso a come è arrivare in un nuovo posto a vela, con le tue mani, a come ti appare tutto quando arrivi via mare, a come è l’odore della terra quando sei in mare da tanto. Ma è una cosa che forse non finisce mai, di tutto per partire e poi di tutto per tornare.

domenica 1 marzo 2009

Guanti

Anche oggi è andata. Fortunatamente non era offshore perché son tre giorni che vado in giro con la tachipirina in una tasca e gli aminoacidi nell’altra. Però oggi quando siamo usciti fuori dalla rada di Pornichet, fuori dalle secche, mi veniva il richiamo, quello di andare dritto ancora e ancora, è l’oceano qui. Se vai sempre avanti da qui vai in Brasile. È come una specie di vertigine, quando ti viene in mente di aver lasciato gli ormeggi è un po come se per un momento il cuore salta un battito o salti un respiro, è un richiamo forte. Non ho mai usato i guanti in barca, invece qui li uso sempre anche per rasettare la barca e mi trovo lo stesso sotto lo spesso strato di cuoio dei guanti le bolle… Ma anche se è fatica, impegno, momenti di scoramento, come oggi, non so perché non sono riuscita a far camminare la barca come volevo. Domani ci saranno le foto e i filmati ad analizzare cosa non andava con la mia balumina o il mio carrello, ma alla fine quello che seguo e che voglio seguire è la sensazione, quello che io sento, di me della barca… e quello di oggi, la sensazione di andare.