mercoledì 4 agosto 2010

Thierry Dubois: il varo di un nuovo sogno

Lo so, lo so che non sto scrivendo… Mi sono anche chiesta se questo blog lo dovevo continuare o no. Ora tutto ha cambiato ritmo ed è come essere passati da una pista di formula uno a un giro in bici nel parco. La vita cosi accelerata come era è una roba che ti prende come una droga, non vorresti mica smettere. E se è vero che è difficile staccarsi dai ritmi di prima (ecco perché volevo partire subito con il Raid) è anche gratificante mettere di nuovo un ritmo “normale” nelle cose e non vivere sempre come se andasse a fuoco qualcosa.

Su questa onda  le valige erano quasi pronte per qualcosa che era proprio in linea con un nuovo ritmo. Si trattava di partire con Thierry Dubois in Groenlandia, a vedere i ghiacci artici e gli orsi polari. La storia di Thierry è una di quelle che hanno la capacita di affascinarmi e che suscitano la mia ammirazione. Thierry ha passato gli ultimi 5 anni della sua vita in un capannone di un coltivatore di ostriche a costruirsi, da solo, una goletta rompighiaccio di 19 metri. La barca è stata messa in acqua da poco, e alcune settimane fa sono stata a bordo per vedere come vanno i lavori. Quando ero li era ancora da alberare (uno dei due alberi era un alare di Bernard Stamm) e i lavori sono ancora parecchi, quindi i ghiacci per quest’anno non si riescono a fare. La barca è bellissima, molto particolare. È costruita su progetto Nigel-Irens, 63 piedi in legno epoxy fibra vetro+kevlar la prua rinforzata in acciaio, i compartimenti stagni (Th dice "je ne conçois pas naviguer sur un bateau qui coule"), è fatta sulle linee delle barche dei pescatori della costa Atlantica del Newfoundland, e a me sembra una nave vichinga.

Sono impressionata dal lavoro che è riuscito a fare Thierry, ha messo in opera qualcosa che è un sogno di una vita e che ha richiesto oltre che perizia ed esperienza una caparbietà e una volontà che sono al di là delle parole. Per me è un esempio, quello che ha fatto mi dice che non bisogna mai smettere di sognare, solo cosi si è veramente vivi.

Di seguito l’ultimo episodio (il varo) di una serie di 13 video:



Se siete curiosi di sapere tutta la storia i video sono tutti qui http://www.sailingnews.tv/. Scrivete “Thierry Dubois” in recherche video par mot clefs e avete tutta la playlist completa.

Thierry Dubois non ha bisogno di presentazioni, per rimanere in tema mini, vinse la Transat nel 1993 su Amnesty International, con una media di quasi 8 nodi, impressionante anche per i proto di nuova generazione di oggi (per dare un’idea Thomas Ruyant ha vinto sul suo proto l’ultima edizione 2009 con una media di 7 nodi). La Mini del 93 fu un’edizione difficilissima, in cui parteciparono 4 italiani. Una violenta burrasca colpì la flotta durante la prima tappa, Moresino perse la barca e venne recuperato da un cargo. Pascal Leys perse la vita. Una curiosità da ministi: a quell’edizione partecipo anche Serge Viviand (tutti quelli che hanno caricato la propria barca su un cargo sanno chi è). 
Thierry partecipò poi a Route du Rhum, tre giri del mondo, Around Alone nel 2002 (ex BOC Challenge, oggi Velux), a due edizioni del Vendée Globe, in quella del 1997 naufragò nel sud dell’Oceano Indiano e rimase a mollo un eternità (giorni) con l’acqua a 0ºC a nuoto e poi in una zattera con onde frangenti di 12 metri (tutta la storia qui) .   Thierry è un persona caparbia, fedele alle sue convinzioni fino in fondo, ha sempre rifiutato di dare il nome di uno sponsor per la sua barca. “Offrì” invece la sua barca ad Amnesty International per promuovere il rispetto per la vita, degli altri e l’aiuto reciproco, le tre regole di sopravvivenza in mare. In seguito il suo 60 piedi “Solidaires” navigò per i 5 continenti per promuovere la difesa dei diritti umani per tutti.